Perche’ visitare Palazzo Grimani?
Tra i vari splendidi palazzi veneziani merita sicuramente una visita accurata palazzo Grimani vicino a santa Maria Formosa nel sestiere di Castello. I Grimani, coi vari rami della loro famiglia, erano una delle più ricche e influenti famiglie di Venezia soprattutto nel XVI secolo, epoca in cui Antonio fu eletto Doge nel 1521 e suo nipote Giovanni divenne Patriarca di Aquileia una prima volta nel 1565, accusato di eresia e riuscitosi a difendersi da tutte le accuse, e una seconda volta nel 1584. Si deve soprattutto al Patriarca Giovanni l’ampliamento della casa e le sue decorazioni cinquecentesche., ma le fortune economiche discendono dalla maestria come mercante di Antonio Grimani, che in età anziana verrà eletto Doge. Antonio era talmente considerato come uomo d’affari che la gente tentava di copiare i suoi comportamenti d’investimento: compravano quando lui comprava e vendevano quando lo faceva lui, però senza lo stesso successo.
Chi era il Doge Antonio Grimani?
Antonio Grimani fu il primo membro della famiglia ad essere eletto Doge nel 1521 fino alla sua morte nel 1523, successivamente ve ne saranno altri due anche se di rami diversi della famiglia, Marino (doge 1595-1605) e Pietro (doge 1741-1752). Antonio nacque nel 1434, suo padre apparteneva al patriziato veneziano ma la madre invece non era nobile. Rimasto orfano di padre a soli 4 anni e non di famiglia ricca, Antonio cominciò a commerciare con il medioriente fin da ragazzo, riuscendo a costruirsi una fortuna immensa che gli permise, nella seconda parte della sua vita, di dedicarsi a una importante carriera politica, anche se con alti e bassi. Dobbiamo ad Antonio l’acquisto del palazzo all’incrocio tra i rii di santa Maria Formosa e san Severo, che verrà poi ampliato dai suoi nipoti a metà del ‘500. All’interno del palazzo vi è una stanza dedicata a lui, chiamata appunto sala del Doge decorata da alcune statue e impreziosita da marmi.
Che collezione di sculture apparteneva ai Grimani?
Tra tutte le cose magnifiche che si possono ammirare all’interno del palazzo sicuramente il posto d’onore è da assegnare alla Tribuna o Camerino delle Antichità. Questa splendida stanza progettata probabilmente dallo stesso Patriarca Giovanni riprende in alcuni aspetti la cupola del Pantheon e fu concepita proprio per esporre la collezione di statue raccolta da Giovanni Grimani sopratutto nel suo periodo a Roma. Egli infatti abitava in una villa con vigna sul colle del Quirinale, dove oggi è Piazza Barberini che in passato veniva anche detta piazza Grimana, sotto il suo terreno vennero ritrovate alcune statue antiche, nucleo della sua collezione. Giovanni lasciò poi in eredità alla Repubblica di Venezia la sua splendida collezione, primo nucleo per il futuro museo archeologico odierno.
Perchè una Salamandra a Palazzo?
Altro motivo per cui vale la pena andare a visitare Palazzo Grimani è vedere la splendida scultura, riscoperta solo l’anno scorso, sul fondo di un caminetto che rappresenta una Salamandra. Durante dei lavori di restauro per il rinforzo di un solaio è stato rotto un muro e si è scoperto un caminetto probabilmente degli anni 30 del ‘500 con una splendida scultura appunto di una Salamandra accovacciata dentro delle fiamme.
Chi è Georg Baselitz e perché c’è una mostra di sue opere a Palazzo Grimani?
Altro importante motivo per cui vale la pena visitare Palazzo Grimani è la mostra di opere del famoso artista Georg Baselitz intitolata “Archinto“, omaggio a Tiziano e all’arte veneziana del ‘500, (Filippo Archinto arcivescovo ritratto da Tiziano nel 1558). Diverse grandi tele e alcune sculture di Baselitz, tutte fatte appositamente per decorare le sale interne del palazzo, intavolano un dialogo tra antico e moderno. L’artista, che ha alle spalle una splendida carriera con diverse partecipazioni anche alla Biennale, ha deciso di lasciare esposte queste opere con un prestito a lungo termine nelle sale del palazzo, che rivive in questo modo la sua funzione di luogo deputato all’arte, come lo aveva voluto Giovanni Grimani, collezionista e mecenate.
Testo e foto Andrea Donà